COME SI DOVREBBE DEFINIRE IL SUCCESSO DI UN’AZIENDA?

8 02 2021 | Blog, Team

In questi giorni sto leggendo un libro molto interessante che si chiama “Extreme Teams” di Robert Bruce Shaw, consulente manageriale americano, che traccia alcune caratteristiche che hanno portato aziende come Netflix, Pixar, Airbnb ed altre realtà all’avanguardia a prosperare dove molte invece falliscono.

Quello che Shaw traccia sono degli spunti di riflessione che, lontani dal voler essere l’ennesimo copia e incolla, mettono luce su alcuni aspetti che spesso noi imprenditori tralasciamo ma che credo essere essenziali.

Oltre alla cultura aziendale e ai valori e convinzioni (dei quali ho parlato in altro articolo cosa crede il tuo team?), un elemento di riflessione che ho trovato molto stimolante è:

Come si dovrebbe definire il successo di un’impresa o di una squadra?

Cos’altro dovrebbero raggiungere le aziende oltre ai risultati prefissati?

A che punto la ricerca di risultati diventa eccessiva e controproducente?

In una cultura come la nostra nella quale c’è un’attenzione maniacale ai risultati economico finanziari di breve periodo, tanto più in un momento che per molti presenta tensioni di cassa, penso valga la pena provare ad ampliare lo zoom e la qualità delle considerazioni sull’argomento, al fine di creare un sistema all’interno dell’azienda che sia in grado di creare valore, in senso ampio e in un orizzonte temporale di ampio respiro.

Uno dei nostri mantra è che “le aziende sono persone che fanno cose per altre persone” quindi andiamo sulla parte esseri umani.

Molti di noi hanno team che nella maggior parte dei casi sono croce e delizia del nostro essere imprenditori; alcuni sono organizzati per team verticali mentre altri hanno un’organizzazione trasversale ma la realtà è che anche se in qualche modo organizzati, spesso non sappiamo come leggere pienamente la loro performance e quindi non abbiamo reale idea del potenziale (espresso o inespresso).

Iniziamo col dire che la performance del team dovrebbe essere valutata 3 criteri di efficienza:

1) L’output del team è accettabile per i suoi clienti (interni o esterni all’azienda)

2) Le capacità del team migliorano con il passare del tempo

3) Lavorare nel team è piacevole

Ottenere risultati quindi non riguarda solo aspettative a breve termine ma implica un miglioramento costante dei membri del team, del loro lavoro di gruppo e dell’ambiente nel quale vanno ad operare.

Questo significa anche che la necessità di raggiungere gli obiettivi desiderati presuppone capacità organizzative mirate ad ottenerli o in altre parole, quando i risultati arrivano significa che le imprese e i team hanno sviluppato competenze  adatte a conquistare gli obiettivi non solo per il mese o il trimestre successivo ma per il lungo periodo.

Troppo spesso invece l’orientamento è quello di porre attenzione al raggiungere i risultati, mese dopo mese, trimestre dopo trimestre senza una valutazione di come quei risultati sono stati raggiunti, di quanta fatica è stata profusa, quali miglioramenti si possono portare, quale è stato “il prezzo che è stato pagato” per arrivare lì.

Sopravvivere, in un certo senso, mese dopo mese, tappa dopo tappa andando avanti a testa bassa.

Questo cosa vuol dire? Che nella maggior parte dei casi non c’è apprendimento e consapevolezza della nostra “formula”.

Il successo dell’azienda non è raggiungere i risultati, non solo.

Il successo è dato dal come quei risultati sono raggiunti e di quanto questo sia sostenibile nel lungo periodo, considerando il contesto nel quale si opera.

Fare impresa è un gioco infinito, non c’è l’arbitro che fischia la fine della partita e ci si può riposare o entrare nel calcio mercato; non ci sono pause e anzi le regole cambiano, gli avversari cambiano, i clienti cambiano, il mondo cambia.

In questo periodo è follia pensare di andare avanti senza dedicare tempo all’apprendimento, ad aggiornare il software mentale con il quale si fa impresa, a capire su cosa si basa la capacità dell’azienda di raggiungere i risultati o analizzare perchè diavolo si fà così tanta fatica.

L’altro giorno ero in formazione con il team di un’azienda, tanti talenti, tante persone che da anni fanno bene la loro professione, risultati dimostrati sul campo e condividevo loro un’anomalia della nostra cultura: valutare le persone solo per quello che hanno raggiunto in passato.

Pensaci bene, anche quando si fanno i colloqui si parla più delle esperienze passate che delle prospettive future e di quando quella persona possa integrarsi bene nella tua azienda.

Così si rischia poi di assumere qualcuno che, come dicono in un famoso film, “un giorno è stato famoso” per intendere qualcuno che ha un bel passato ma che forse non ha la capacità di aggiornare il software o di integrarsi nella tua realtà aziendale, nel team che già esiste e nella vostra cultura aziendale.

La realtà è che in questo mondo, chi prospera lo fa perchè è capace di apprendere, di migliorare, di aggiornarsi, di sentire se il proprio modo di lavorare è fluido o se l’attrito percepito non è normale. Come individuo e come organizzazione.

Rimettere in discussione quando è necessario, curiosi e aperti, pronti anche ad ammettere errori per rimanere fedeli alla propria missione. Ogni giorno passato senza imparare, è un giorno perso.

Noi imprenditori siamo ambiziosi e siamo sempre tentati di mettere standard alti, sfidanti; quando siamo nei nostri mastermind, dicono sempre agli imprenditori: l’obiettivo non è lanciare la pallina ma che il cane prenda la pallina e che poi abbia voglia di giocare ancora.

Quindi ben vengano i KPIs e tutti i parametri finanziari da monitorare che sono essenziali ma a fianco di questo mettiamo anche pratiche ed elementi che possano stimolare l’apprendimento, il miglioramento, la condivisione e la crescita affinchè le persone raggiungano gli obiettivi felici e crescendo come professionisti.

Parafrasando T.S Eliot:

SOLO LE SQUADRE CHE RISCHIANO DI SPINGERSI TROPPO OLTRE RIESCONO AD ANDARE LONTANO ABBASTANZA

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