“Ho vissuto e respirato questa azienda fin dalla mia infanzia e ho imparato da tutti i grandi professionisti con cui ho lavorato negli ultimi 15 anni. Ho sempre detto che avrei dedicato la mia vita a rafforzare l’azienda costruita dai miei genitori, guardando al futuro, ma imparando dal passato” dichiara Marta Ortega, quando diventa Presidente Esecutiva di Zara nel 2022 dopo un rinnovamento dei vertici aziendali. Lei è molto chiara: con le sue parole trasmette che se lo è meritata, sudata e soprattutto che ha talmente tanto amore e determinazione per questa azienda che farà del suo meglio. Pochi dubbi, tanta passione e determinazione.
Corsi di imprenditoria femminile, empowerment delle donne, programmi per spingere le donne verso le materie STEM, tante iniziative a favore delle donne, per incoraggiarle ad entrare e farsi spazio anche in ambito lavorativo. Ma si parla poco di quando a ereditare le redini dell’azienda paterna sono le figlie, questo delicato momento di passaggio viene vissuto dalle donne con la stessa serenità degli uomini? Quali differenze ci sono rispetto agli eredi maschi? Quali differenze e diffidenze la nostra cultura crea intorno a loro?
Quasi tutte le imprenditrici con le quali abbiamo avuto occasione di parlare a proposito del passaggio generazionale affermano di aver sentito la necessità di “dover dimostrare di meritare quel ruolo”, non per una questione di sicurezza personale ma piuttosto per un contesto che, più o meno velatamente, ha mandato loro questo segnale.
Per gli eredi maschi è qualcosa che ci si aspetta, quasi un diritto di sangue, non ci sono prerequisiti necessari al contrario delle eredi, dalle quale ci si aspetta che dimostrino di meritarsi quella posizione.
A prescindere dal genere il passaggio generazione è un momento delicato, nel quale tanti nodi di relazioni familiari vengono al pettine, che potrebbero derivare addirittura dall’infanzia. Chi ha vissuto questo momento di passaggio insieme ai fratelli ha percepito in maniera molto netta la sensazione che la “natura” quasi richieda un erede maschio, e se arriva una donna si trova a dover gestire molta più chiusura e diffidenza intorno a sé.
Quando una donna prende il timone dell’azienda spesso lo eredita da un uomo – il padre il più delle volte – si trova a giocare nello stesso ruolo ma con un modello assolutamente diverso: questo la porta inevitabilmente a essere in bilico tra una parte che dice “devo essere come mio padre” e l’altra che cerca di trovare un proprio stile autentico che è inevitabilmente diverso da quello precedente. Questo porta a interrogarsi sul modo giusto di porsi, su come poter dare continuità prendendo il meglio dal modello paterno pur esplorando un proprio modo di essere leader che non può essere uguale a quello di un uomo.
A tal proposito ascolta la puntata “Il ruolo dell’imprenditore” del Podcast degli imprenditori.
Le donne, infatti, sono tendenzialmente più aperte ad alcuni temi, attente a sottili aspetti della vita aziendale, e quando cercano di replicare troppo fedelmente il modello paterno rischiano di trascurare una sfaccettatura della leadership che può in realtà portare tantissimo valore in azienda.
Dunque il punto focale della questione è che le donne si devono legittimare a essere diverse, di permettersi di esplorare e arricchire il modello di leadership che c’è stato in azienda senza farsi bloccare dalle aspettative di chi si ha intorno, di mettere da parte quella vocina che dice che devi dimostrare a tutti di meritartelo.
Leggi l’articolo “Le caratteristiche dell’imprenditore” in cui ne parlo.
Ciò nonostante molto più spesso sono i figli maschi che vengono visti come un prolungamento del padre e questo aspetto, carico di paragoni, per loro può essere molto pesante: concede meno spazio per poter esplorare ed esprimere se stessi. Dalle donne ci si aspetta qualcosa di diverso, le aspettative su di loro sono molto alte comunque, ma rischiano meno di esser paragonate ai loro padri.
Katia Restelli che, insieme al fratello Cristiano, ha preso le redini di Tecninox -una eccellenza italiana presente da oltre 40 anni nel mercato della contaminazione controllata- racconta di aver vissuto e sentito in prima persona le differenze ma anche i diversi limiti blocchi che esistono tra maschi e femmine nel delicato momento del passaggio generazionale.
Non è facile per nessuno e il cammino personale da fare è delicato per entrambi seppur con delle diversità.
Non servono corsi di imprenditoria femminile o altro per indicare la strada, non sono sufficienti, è fondamentale invece che chiunque prenda le redini -uomo o donna che sia- lavori sugli aspetti strettamente familiari e personali, più si riesce a farlo in modo umano, attento e consapevole migliori sono i risultati nel breve e lungo periodo per il leader ma anche per tutta l’organizzazione.